Paesaggi con figure - 2012

Paesaggi con figure - 18/06/12

  • Durata:00:50:15
  • Andato in onda:18/06/2012
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In questa puntata: un’Italia che subisce ma che al tempo stesso agisce con lotte civili dal basso, un’Italia di cittadini che si organizzano per far sentire la propria voce come i Comitati Vesuviani e Le Mamme Vulcaniche della provincia di Napoli, associazioni che lottano ogni giorno per la tutela dei diritti, la salvaguardia del territorio in cui vivono, un territorio fortemente ferito e degradato che è testimonianza di come la vicenda dei rifiuti ha quasi irrimediabilmente distrutto l’immagine del nostro Paese nel mondo. Ai cumuli di rifiuti si alternano immagini oniriche di Pompei e di altri siti archeologici campani abbandonati per incuria, per inefficienza e per una politica dei beni culturali inadeguata, intrecciandosi in una sorta di grande metafora di distruzione tra la realtà e gli antichi splendori di un passato in cui Napoli era centro di storia e civiltà.
Poi il passaggio in un altro territorio critico, quello della provincia di Caserta: qui il racconto e le testimonianze di migranti che parlano di lavoro nero e delle condizioni di estrema indigenza in cui vivono e quello dell’attivismo di giovani sindacalisti che fanno lavoro di strada. Il viaggio si sposta poi nei paesaggi rurali dell’Appennino lucano. Ad Accettura si assiste a quello che rimane di un antichissimo rito arboreo, presente ancora in qualche luogo del su d e in altre parti del Mediterraneo. Un rito potente e primitivo, forse una delle ultime testimonianze di un’Italia che resiste ancora, un’Italia che ha memoria della sua storia, rispetto per la natura e il paesaggio, consapevole del valore della terra e dell’importanza della tutela della natura.
Dai boschi di Gallipoli Cognato in Lucania in due ore di automobile si arriva a Taranto: tra i luccichii di luci e paillettes sfilano giovani ragazze che aspirano a diventare Miss Italia: un’intensa sintesi della rappresentazione dell’universo “luccicante” di una parte dei giovani italiani. A soli 130 km due mondi si raccontano: da una parte un microscopico frammento di un’Italia che resiste prima di dissolversi e dall’altra, un’Italia che insegue nuovi e vacui modelli.
Il viaggio continua sull’Appennino tra Isernia e L’Aquila. Ancora un’Italia minore fatta di pastori e di umanità semplice che vive in paesi abbandonati tra lo spettro e la paura di altre catastrofi. Il fantasma e la memoria catastrofica del terremoto dell’Aquila si mescola alla poesia, quella che riecheggia dalle parole del poeta Andrea Zanzotto che ricorda l’importanza e il senso del paesaggio, della sua ricchezza ma anche della sua fragilità, del suo destino nell’esistenza di ognuno di noi e della gravità della sua perdita quando è ferito. Alle parole del poeta fanno eco quelle di un altro uomo, semplice e appassionato della montagna e della Maiella: le sue parole sono un inno d’amore verso il paesaggio, la natura, la memoria di un luogo e di un’epoca non molto lontana in cui, in Italia, si viveva sorridenti e felici.

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